Un
asfissiante affresco del malessere, un grido di dolore contemporaneo:
da non perdere.
Voto
*** 7½
Asfissiante
e bellissimo allo stesso tempo questo secondo lavoro per il cinema di
Steve (Rodney) Mc Queen, quarantatreenne londinese che ha già
esordito nel cinema raccogliendo unanimi applausi con l’austero ed
esteticamente inappuntabile “Hunger”,
storia di Bobby Sands piu’ che giustamente premiata a Cannes 2008
con la “Camera d’or” per la migliore opera prima.
In
“Shame” tutto è sofferto, claustrofobico, nulla è mai
liberatorio. Fassbender è
un volto ora sfocato nel buio di una metropolitana, poi è una
silhouette sbiadita tra il vetro e l’acqua di una doccia. E’ un
uomo sempre deformato dallo specchio che lo riflette, costantemente
prevaricato dalla sua ombra: cerca godimento e trova solo sfoghi
compulsivi, infine trova (in)consapevole
espiazione al bancone di un bar.
McQueen
sta sempre incollato su Fassbender, “gli stringe il campo addosso”
fino a farcelo percepire molte volte come un leone in gabbia, un
prigioniero (…della vita…) ansioso,
agitato ed ansimante. Spesso i confini dello schermo paiono per lui
quelli di un carcere, del quale lui tocca continuamente le mura senza
riuscire mai ad evadere.
“Shame”,
coraggiosamente e senza nessuna curiosità pruriginosa (pur
mostrandoci niente di meno del “necessario”) prende di petto la
tematica del “sesso come droga”, una delle tante devianze del
nostro tempo, forse una delle piu’ importanti e sottovalutate.
Nei
protagonisti traspare con nettezza un passato poi sconfinato in un
presente patologico, ma abbiate comunque l’occhio e l’acutezza di
“gestire
il vostro sguardo” gettandolo anche in “campo aperto” e vi
accorgerete di poter distinguere, non solo fra le righe, molto altro
oltre la storia personale di Brandon.
“Shame”
è un grido di dolore contemporaneo! L'affresco di un malessere che
travalica il suo confine verso la “malattia” ed invade il
territorio del quotidiano, mischiandosi all’abitudine, facendosi
norma deleteria.
E
dopo aver visto il film di McQueen tutto quello che l’immaginario
comune presumibile ci rimandava come “bello e desiderabile”
sembra ora l’inferno in terra: fatto solo di carne e senza fiamme!