Visualizzazioni totali

domenica 24 novembre 2013

LA MOGLIE DEL POLIZIOTTO di Philip Gröning


Un doloroso stillicidio, necessario a rendere sensazioni sgradevoli con esattezza chirurgica.


Voto ***      7½





Nella famiglia felice il male brucia e consuma lentamente, come un tronco che arde dall'interno, nascosto nel fitto del bosco.

Nel film di Gröning la violenza è quasi assente ma i suoi segni invece affiorano lentamente e con circostanziata e dolorosa precisione.

Le poche lancinanti deflagrazioni di violenza si conficcano, senza rimedio, come aghi nella memoria: riaffioreranno poi fino ad impossessarsi dei nostri sensi coinvolgendoci, nostro malgrado, in una esperienza di empatica discesa agli inferi.

Spossante e rigorosa rappresentazione della normalità della disperazione, di un ambiente patogeno, disturbato ed angoscioso, “La moglie del polizottoprecipita lo spettatore in una dimensione rarefatta, richiedendogli grande impegno e partecipazione.

Il film è suddiviso in capitoli estenuanti come un calvario e paga forse alla fine un qualche dazio più a questa sua frammentazione che non alla sua rigorosa lentezza o alla cupezza asfissiante delle sue atmosfere, senza però per questo perdere alcunchè della sua efficacia e della sua bellezza.


mercoledì 13 novembre 2013

SUGAR MAN di Malik Bendjelloul










Sixto Rodriguez: il cantante “che con c'era”! Ricostruzione di una carriera, tra verità e leggenda.

Voto ***     7½ 


C’è quasi bisogno, forse una urgenza latente, di sentirsi raccontare storie belle e strabilianti. Quella del cantante “Rodriguez” lo è, al punto da lasciarci perplessi se crederla vera o meno. Già morto non una ma più volte: per overdose (come ogni star che si rispetti), bruciato vivo sul palco o sparandosi un colpo alla tempia, alla fine di un concerto.

Due soli gli album all’attivo, incisi agli inizi degli anni ’70: “Cold Fact” (1970) e “Coming from reality” (1971) - piu’ un terzo incompleto - alzi la mano chi li conosce! Una voce calda e sonorità tra Bob Dylan ed un blues vagamente lisergico: la sua “I wonder” potrebbe meccanicamente inondare l’etere e scatenare il battimani del pubblico con facilità sconcertante.

Eppure Sixto Rodriguez è (oppure è stato?) un perfetto sconosciuto in Patria ed ha goduto di una insolita notorietà solo in Sud Africa, dove la sua musica giunse quasi per caso: oltre mezzo milione di Long Playing venduti, l’equivalente di dieci dischi d’oro; le sue parole diventarono armi contro l’Aparthaid (“Establishment song”), al punto da esser addirittura censurato.

Nelle case del Sud Africa, accanto ad “Abbey Road” dei Beatles e “Bridge over troubled water” di Simon and Garfunkel, era naturale trovare “Cold Fact” di Rodriguez.

E allora, cosa non ha funzionato? Forse sarà stata colpa del lancio pubblicitario, oppure il vestito del colore sbagliato!

Il film “Sugar Man” (titolo originale “Searching for Sugar Man”), del regista svedese di origine Algerina Malik Bendjelloul, ci porta da Cape Town a Detroit, cercando di ricostruire l'atipico percorso di questo artista, tra leggendari aneddoti e ricerca.

Ascoltiamo le testimonianze chi lo ha conosciuto: produttori come Steve Rowland, Il giornalista musicologo Craig Bartholomew Strydom, il commerciante di dischi Stephen Segerman di Città del Capo, che a causa del successo Sud-Africano del pezzo “Sugar Man” da anni è soprannominato “Stephen SUGAR Segerman”!

Vincitore dell'Oscar come miglior documentario nel 2012, premiatissimo in moltissime altre rassegne, tra cui il “Sundance”. Un “giro di blues” come questo, ne la musica né tantomeno il cinema, fino ad oggi l’avevano mai visto!