Sixto
Rodriguez: il cantante “che con c'era”! Ricostruzione di una
carriera, tra verità e leggenda.
Voto
*** 7½
C’è
quasi
bisogno,
forse una urgenza latente, di sentirsi raccontare storie belle e
strabilianti. Quella del cantante “Rodriguez”
lo
è,
al punto da lasciarci perplessi se crederla vera o meno. Già morto
non una ma più volte: per overdose (come ogni star che si rispetti),
bruciato vivo sul palco o sparandosi un colpo alla tempia, alla fine
di un concerto.
Due
soli gli album all’attivo, incisi agli inizi degli anni ’70:
“Cold Fact” (1970) e “Coming from reality” (1971) - piu’ un
terzo incompleto - alzi la mano chi li conosce!
Una voce calda e sonorità tra Bob Dylan ed un blues vagamente
lisergico: la sua “I wonder” potrebbe meccanicamente inondare
l’etere e scatenare il battimani del pubblico con facilità
sconcertante.
Eppure
Sixto Rodriguez è (oppure è stato?) un perfetto sconosciuto in
Patria ed ha goduto di una insolita notorietà solo
in Sud Africa,
dove la sua musica giunse quasi per caso: oltre
mezzo milione di Long Playing venduti, l’equivalente di dieci
dischi d’oro;
le sue parole diventarono armi contro l’Aparthaid (“Establishment
song”), al punto da esser addirittura censurato.
Nelle
case del Sud Africa, accanto ad “Abbey Road” dei Beatles e
“Bridge over troubled water” di Simon and Garfunkel, era naturale
trovare “Cold Fact” di Rodriguez.
E
allora, cosa non ha funzionato? Forse sarà stata colpa del lancio
pubblicitario, oppure il vestito del colore sbagliato!
Il
film “Sugar Man” (titolo originale “Searching for Sugar Man”),
del regista svedese di origine Algerina Malik Bendjelloul, ci porta
da Cape Town a Detroit, cercando di ricostruire l'atipico percorso di
questo artista, tra leggendari aneddoti e ricerca.
Ascoltiamo
le testimonianze chi lo ha conosciuto: produttori come Steve Rowland,
Il giornalista musicologo Craig Bartholomew Strydom, il commerciante
di dischi Stephen Segerman di Città del Capo, che a causa del
successo Sud-Africano del pezzo “Sugar Man” da anni è
soprannominato “Stephen SUGAR Segerman”!
Vincitore
dell'Oscar come miglior documentario nel 2012,
premiatissimo in moltissime altre rassegne, tra cui il “Sundance”.
Un
“giro di blues” come questo, ne la musica né tantomeno il
cinema, fino ad oggi l’avevano mai visto!
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