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domenica 24 novembre 2013

LA MOGLIE DEL POLIZIOTTO di Philip Gröning


Un doloroso stillicidio, necessario a rendere sensazioni sgradevoli con esattezza chirurgica.


Voto ***      7½





Nella famiglia felice il male brucia e consuma lentamente, come un tronco che arde dall'interno, nascosto nel fitto del bosco.

Nel film di Gröning la violenza è quasi assente ma i suoi segni invece affiorano lentamente e con circostanziata e dolorosa precisione.

Le poche lancinanti deflagrazioni di violenza si conficcano, senza rimedio, come aghi nella memoria: riaffioreranno poi fino ad impossessarsi dei nostri sensi coinvolgendoci, nostro malgrado, in una esperienza di empatica discesa agli inferi.

Spossante e rigorosa rappresentazione della normalità della disperazione, di un ambiente patogeno, disturbato ed angoscioso, “La moglie del polizottoprecipita lo spettatore in una dimensione rarefatta, richiedendogli grande impegno e partecipazione.

Il film è suddiviso in capitoli estenuanti come un calvario e paga forse alla fine un qualche dazio più a questa sua frammentazione che non alla sua rigorosa lentezza o alla cupezza asfissiante delle sue atmosfere, senza però per questo perdere alcunchè della sua efficacia e della sua bellezza.


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