Tremendo e senza censure: il ritratto di Maja Milos della gioventù Serba è un monito anche per le nostre periferie.
Voto:
*** 7
Sentimenti
in gabbia, incoscienza e stordimento, umiliazione, degrado e
meccanica ripetizione. Dalla Serbia “con squallore”
l'agghiacciante spaccato di una generazione dalla vita frammentata e
disordinata, come le ossessive clip che continuamente filma
attraverso l'obiettivo degli inseparabili telefoni cellulari, in uno
stato di noia (e)statica.
Premiato
nel 2012 al Festival di Rotterdam con il Tiger Award “Clip”, film
della regista trentenne Maja Milos, descrive senza remore e con
estrema efficacia i giovani “in latitanza permante da loro stessi”,
incapaci di toccarsi “dentro” o di ardere nel contatto fisico,
ignari di come comunicare o consolarsi e che sanno tirarsi su il
morale solo offrendosi l'un l'altro l'ennesima pista di cocaina;
usano il loro corpo come fosse solo un accessorio, distante dal loro
tessuto arterioso e totalmente disconnesso dai propri sentimenti.
La
scelta stilistica di “Clip” è coraggiosa, estrema nella forma
per quel che sono i canoni consueti del cinema commerciale. Lo
sguardo spietato nel descrivere il mondo dell'adolescenza ricorda
Larry Clark o Harmony Korine ma senza il loro compiacimento
voyeuristico, né l'appariscenza.
Questi
ragazzi non sembrano privi di sentimento ma incapaci di averne
consapevolezza, di decodificare il mondo e se stessi, del tutto
inadatti a perseguire e realizzare le loro stesse aspettative.
Sono
in gabbia ma illusi di esser liberi,
a volte collidono con ferocia e usano violenza tra di loro. Sboccano
sangue e con le labbra rosse di rabbia o che alitano desiderio ora si
baciano: certamente torneranno poi a picchiarsi oppure a baciarsi
ancora.
Forse
davvero non avvertono nessun dolore, ma nemmeno hanno qualcuno
accanto che sia in grado di dirgli che potrebbero cominciare ad esser
felici se solo potessero provarne.
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