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martedì 28 gennaio 2014

HANNA HARENDT di Margarethe Von Trotta



Le elucubrazioni di Hannah Arendt: un tesoro del passato indispensabile per guardare al  futuro.

Voto ***½      8

All’inizio degli anni ’60 la scrittrice e filosofa ebrea Hannah Arendt venne inviata dal “New Yorker” in Israele a seguire il processo al gerarca Nazista Adolf Eichmann. Quel che fu pubblicato risultò essere qualcosa di molto più coinvolgente ed esplosivo che una mera cronaca dei fatti.

Oltre alle inquietudini provocate dalle singolari ipotesi sulle “origini del male”, fecero scandalo nei suoi scritti le allusioni ad una qualche parcella di responsabilità tra i troppo sottomessi capi Ebrei, individuando un “concorso di colpa” dell’abbassamento della morale collettiva e nel collasso generale del coraggio civile.

La regista Berlinese Von Trotta affianca al racconto per immagini una poderosa “proposta di riflessione”, costringendo in un angolo la nostra mente e la nostra coscienza ed obbligandoci ad elaborare, considerare e soppesare, chiedendoci un approccio ed un’analisi fuori dalle convenzioni.

Per approfondire meglio il solo “processo Eichmann” recuperate il bellissimo “Uno specialista”, film-documentario di Eyal Sivan del 1999; chi desiderasse confrontarsi direttamente con la Arendt si cimenti con il libro “La banalità del male” - Ed.Feltrinelli 2003 (titolo originale dell'opera “Eichmann in Jerusalem – A report on the banality of evil”).

Inevitabile trarre una fra tutte le possibili conclusioni: la cultura è nulla senza un pensiero vivo che la faccia arrivare a discernere tra bene e male, un tesoro inutile senza qualcosa che la tenga stretta ad una sua dimensione morale e ad una indispensabile responsabilizzazione.

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