Un “rito disperato” in forma di “magma cinematografico”, che tenta di trattenere quel che irreversibilmente ci abbandona.
Voto
*** 7½
La vita è un “grande mare”, dove tutti si incontrano ed ogni cosa continua, senza fermarsi mai. Forse persino la morte non è niente altro che un “passaggio” che altri hanno varcato prima di noi, camminando verso un misterioso ignoto.
Magari
è addirittura questo il destino toccato a Margherita ed Anna, due
donne mai conosciutesi in vita ma che potrebbero aver viaggiato
assieme verso la morte: una era la madre di Pippo Del Bono, artista
passionale e regista di questa pellicola, mentre l'altra era la
compagna di uno dei leader storici delle Brigate Rosse, Giovanni
Senzani.
I
due uomini si conoscono per caso, quando l'ex terrorista (23 anni
passati in carcere) si reca a vedere lo spettacolo “Racconti di
Giugno”, e quasi casualmente, sedimenterà questo “Sangue” (Premio
"Don Quijote" al 66° Festival di Locarno),
cinema che entra dentro la vita e vita che scivola nel cinema.
Non
uno sguardo necrofilo sull'inerzia e la decadenza del corpo, semmai
l'azione incondizionata di un amore disperato che cerca di trattenere
l'impossibile,
contemplando le cose con afflizione ma senza morbosità, mentre
il tempo diluisce dentro un imbuto oscuro, nel quale entrare è un
atto irreversibile.
Del
Bono
cerca
di compenetrare
l'incomprensibile: vuole sondare l'inaccessibile e nel mentre
“esondano” i suoi sentimenti. Catarsi
più che liberazione, cercando di sopravvivere al veleno che dilania
la carne di chi abbandona e di coloro che rimangono.
“Sangue”
è un cinema viscerale che fonde teatro e realtà. E' una riflessione
generosa sulla vita e la morte, su fede e religioni, sull'essere
umano, su inferni reali e paradisi inventati, sulla rivoluzione e la
lotta armata, certo vaga ed imprecisa ma densa di calore e vogliosa
di offrire e condividere; forse distante da un risultato cinematografico compiuto ma encomiabile nella sua passione prorompente e per la libertà attraverso la quale va oltre gli squallidi tabù sulla morte o sugli anni di piombo, forte di un coraggio cristallino che rende di fatto incomprensibile qualsiasi becera polemica abbia accompagnato il cammino di questa pellicola.
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