Quattro
donne in difficoltà economica a causa della crisi: un film duro,
che però non abbandona mai l’ottimismo e la sua tenerezza di
fondo.
Voto
*** 8
Nel
Salento assolato la crisi azzanna feroce chi tenta di tenerle testa e
le fabbriche del tessile vedono le commesse fuggire verso oriente.
C’è chi ha già ricominciato a batter le vecchie vie
dell’emigrazione con destinazione Svizzera mentre qualcun altro
riscopre l’antico rapporto con la terra.
Winspeare
racconta di una famiglia in drammatica difficoltà economica. Quattro
donne: l'anziana mamma Salvatrice (Anna Boccadamo), la figlia grande
Adele (Celeste Casciano, moglie del regista), che ha dovuto chiudere
la sua attività imprenditoriale ed ora è ossessionata dai debiti,
la sorella minore Maria Concetta (Barbara De Matteis) che sogna di
fare l’attrice ed infine Ina (Laura Licchetta), figlia di Adele
(nella finzione ed anche nella vita reale). Venderanno casa e azienda
e torneranno a fare vita contadina nella masseria di campagna.
Il
groviglio di sentimenti intrecciati ed oppressi dalle difficoltà è
descritto con impeto sincero e raccontato con una serenità che
sembra voler diradare le aggressive atmosfere cupe; alcune tensioni
interne familiari sono rese con naturalezza magistrale e
i sentimenti emergono a fior di pelle.
Winspeare
tratteggia protagonisti smarriti ma reattivi, animi gonfi di
rabbia, resi ostili dalle traballanti prospettive e da anni di
sacrifici bruciati in un istante, ma anche l’importanza di ben
disporsi alla vita, del soccorso importante della saggezza contadina
e della forza della famiglia (qui a trazione matriarcale), la forza
insinuante e determinante della gentilezza e della pazienza (basta
guardare al personaggio di Stefano/Gustavo Caputo)
Ritorni
al baratto e pomodori essiccati al sole: l’obiettivo si muove
leggero tra strade affollate di ulivi, tra le marroni terre coltivate
e l’erba verde mossa forte dal vento, quasi a voler rinforzare
anche visivamente la simbiosi troppo spesso dimenticata tra uomo e
natura e carezzando il film con attimi di silenzio e di pace.
Sceneggiato
con Alessandro Valente e girato a Giuliano di Lecce con attori non
professionisti, “In grazia di Dio” è duro ma senza abdicare
nemmeno per un istante alla sua tenerezza di fondo, così da
trasmettere continuamente un senso di fiducia e speranza piuttosto
che di disperazione.
Il
finale non scioglie tutte le tensioni, né rischiara definitivamente
l’orizzonte ma si avverte avanzare un ottimismo capace di rendere
la vita qualcosa di sempre desiderabile ed inebriante.
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