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giovedì 3 aprile 2014

NYMPH()MANIAC – Vol.1 di Lars Von Trier


Molto piu’ filosofia che sesso: disattende in larga parte le aspettative voyeristiche il Vol.1 di Nymph()maniac.

Voto ***           7



Ce lo dice quasi subito Joe (Charlotte Gainsbourg): “La storia sarà molto lunga e avrà una morale”. Così noi spettatori ci disponiamo di buon grado ad ascoltare; peccato che a metà percorso ogni nostra curiosità rimarrà sospesa, ad aspettare le conclusioni a venire nella seconda parte.

Stiamo parlando di “Nymph()maniac” di Lars Von Trier e nello specifico del “Vol.1”, nella versione sforbiciata di mezz’ora per mano altrui ma “approvata” dall’autore (..!..). Verso fine Aprile la parte mancante, dunque – nemmeno a dirlo – trattasi di un “coito interrotto”!

Nel lancio pubblicitario hanno tenuto banco attese scandalistiche e “leggende pornografiche” ed a dire il vero anche la locandina fa di tutto per alludervi furbescamente, con gli attori uno di fianco all’altro in espressioni “soffertamente orgasmiche”; eppure nel film il sesso è solo una base di partenza, una chiave di lettura oppure uno strumento per aprire porte ed esplorare “altro”, soprattutto “filosoficamente”.

Joe racconta le sue esperienze carnali all’anziano Seligman (Stellan Skarsgård), che l’ha raccolta sanguinante in mezzo alla strada. Durante le sue “confessioni” si incrociano e si confrontano i diversi punti di vista: gli aneddoti vengono rivisitati attraverso le esperienze della pesca oppure accostati alle polifonie di Bach.

Destano curiosità ed attraggono gli egoismi e le “strategie”, i traumi infantili, l’insensibilità e la conseguente voglia di autodistruzione; affascinante il tentativo di legger l’anima degli alberi, guardando i rami ed i tronchi “nudi”, d’inverno. Non fanno davvero paura invece le “innocue provocazioni blasfeme” tra le quali possiamo annoverare di certo il “Mea vulva, mea maxima vulva”.

L’apparizione “geniale ed anticonvenzionale” della “Signora H/Uma Thurman” è un raggio di luce: fa incursione nella pellicola con grande bravura ed un pizzico di follia, portando i suoi tre figli al seguito per fargli visitare il “letto della puttana” che le sta soffiando il marito.

Le premesse e l’impianto del film promettono bene, tutto sembra appetitoso e nell’aria si spande profumo di grande cinema, anche se si conta già qualche furbo innesto didascalico di troppo (non ci è ancora dato sapere se veramente utile allo scopo): deliri di Allan Poe, numeri di Fibonacci ed una frase dalla “Lettera a Meneceo” di Epicuro (meglio conosciuta come “La lettera sulla felicità”). Sottofondo musicale di Šostakovič e dei Ramstein.

Per tirar fuori un senso da un racconto bisogna crederci”, afferma sempre la Joe/Gainsbourg del film. Noi vorremmo anche, ma per il momento siamo obbligati a non conoscerne la fine e questa distribuzione della pellicola, frammentata e dissennata, sembra essere al momento l’unica “perversione” realmente riscontrata riguardante il film di Von Trier.

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