Il Berlinguer di Veltroni, tra nostalgia, rimpianto e qualche eccesso di enfasi.
Voto
**½ 6½
Chi
era Enrico Berlinguer? Un commissario? Uno scrittore di romanzi?
Forse dal cognome un politico Francese, ma sarà stato di destra o di
sinistra? A giudicare dalle risposte montate all’inizio della
pellicola i giovani d’oggi non hanno davvero un ricordo nitido del
più importante Segretario del Partito Comunista Italiano.
Per
corroborare la memoria l’ex leader dei Democratici Walter
Veltroni esordisce alla regia e confeziona un ritratto del suo
maestro politico, mettendo insieme soprattutto testimonianze e
filmati di repertorio, montati con sincera nostalgia e qualche
eccesso di enfasi.
Un
italiano su tre votava comunista alla metà degli anni ’70: erano
tempi di grandi conquiste referendarie su questioni quali l’aborto
ed il divorzio ed in cui si inseguivano ancora progetti politici di
lunga lena. Un comunismo “diverso” provava a diventare forza
democratica di governo ma sarebbe inciampato sul passaggio cruciale
del “compromesso storico”.
“Un’anima
bella; un uomo integerrimo; un timido con il martello, che non è
mai stato incudine”: nel ricordo di chi lo ha conosciuto (il
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari, la
figlia Bianca, il capo scorta Menichelli e molti altri) emerge il
ritratto di un uomo d’altri tempi, convinto della indispensabilità
del buona pratica quotidiana della politica, che forse davvero
credeva di poter cambiare le cose perseguendo un futuro migliore per
tutti.
Nella
pellicola di Veltroni - un tentativo per quanto più possibile
onesto ed oggettivo di ricostruire un lungo arco di storia Italiana
partendo da una figura simbolica - si affaccia anche Gaber, con le
immancabili e quanto mai calzanti parole di “Qualcuno era
comunista”. Fugaci ma coraggiose le sortite che puntano il dito
sulla commistione dei poteri tra le banche e la politica, accennando
al caso Ambrosoli; poi spazio anche alle ipotesi di Alberto
Franceschini – uno dei fondatori delle Brigate Rosse – sul
sequestro del magistrato Mario Sossi, ma nella sostanza nulla emerge
di particolarmente nuovo o rivelatore.
Chiudono
gli interminabili minuti dell’ultimo comizio di Padova nel giugno
del 1984 – il giorno prima della sua morte - con Berlinguer che
prosegue a parlare dal palco anche se sofferente, fino alla fine,
quasi piegato su se stesso mentre la folla urla il suo nome: in
quella resistenza e nella voglia di non cedere forse vi era il segno
di una politica di altra tempra.
Subito
dopo - in concomitanza con il suo funerale - sarebbe cominciata una
lenta agonia politica della sinistra italiana: chi piangeva ai bordi
della strada applaudendo al passaggio del feretro, non sospettava
affatto dei futuri imprevedibili ed innumerevoli cambiamenti, nè
delle “diverse” sofferenze che avrebbe dovuto affrontare per
lungo tempo ancora.
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