Contro
ogni malattia o infelicità l’unica cura possibile è vivere!
Voto
**½ 6½
Antonio
(Francesco Arca) ha lo sguardo torvo ed intrigante, promette
irresistibile carnalità e nasconde (nemmeno troppo) muscoli scolpiti
sotto la tuta blu da meccanico. E’ poco incline a ragionare sui
temi della diversità e dunque parrebbe inevitabilmente distante da
Elena (Kasia Smutniak), donna delicata e dalle idee aperte e
progressiste.
Quest’ultima è amica di Fabio (Filippo Scicchitano),
suo compagno di vita ma solo nelle avventure commerciali: in quanto a
preferenze sessuali, meglio gli uomini!
Eppure,
nonostante queste premesse, tra Antonio ed Elena finirà per brillare
una scintilla, destinata a spegnersi niente affatto presto.
Ferzan
Özpetek adora assicurare il primo piano agli “incroci delle
diversità” che la realtà gli
offre come spunto. Delle
ruvidezze smussa gli angoli senza eliminarle, ricreando con il suo
cinema un quadro d’insieme trasformato, dove lo scettro del
comando viene consegnato a sentimenti ed affetti, che prevaricano
abbondantemente tutto il resto e
si affermano come la vera linea guida da seguire.
Il
regista Turco (ma Romano d’adozione) controlla oramai sapientemente
azione e racconto, incasellando ogni cosa in schemi oliati. Se da una
parte questo offre innegabili vantaggi nella gestione della
pellicola, di contro la comodità dell’ “abitudine narrativa”
finisce per offuscare alcune importanti caratteristiche che, in
passato, ne contraddistinguevano l’opera in misura maggiore, come
ad esempio l’audacia e la libertà, alle quali
Özpetek non rinuncia ma che
stavolta risultano più “irreggimentate” del solito.
Di
“Allacciate le cinture” bisogna necessariamente accettare alcune
prevedibilità e molte “romantiche ineluttabilità”, assieme a
tutti i “fantasmi a margine” in stato di perenne agitazione.
Indispensabile sorvolare anche sulla proposizione di alcuni scontati
stereotipi: solo così potremo ottenere in cambio gradevoli tessiture
di emozioni e pulsioni.
Le
soluzioni narrative cominciano ad esser troppo spesso “ricalcate”
dalle precedenti esperienze ed a mostrare la corda ma,
complessivamente, tutto sembra ancora tendere alla ricerca della
genuinità.
Il
cinema di Özpetek è come uno specchio nel quale guardarsi e
rimodellare i contorni della realtà, che lui spesso arricchisce con
slanci ottimistici, “prendere o
lasciare”: dal dramma si
naviga in pochi istanti verso orizzonti di inaspettata leggerezza e
d’incanto appare possibile il superamento di qualsiasi ostacolo.
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