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mercoledì 19 marzo 2014

IDA di Pawel Pawlikowski


Nella Polonia del secondo dopoguerra due donne cercano di fare i conti con il loro passato.

Voto ***½       8½

Anna è una giovane novizia in attesa di prendere i voti (in verità scoprirà di chiamarsi Ida/Agata Trzebuchowska). Incontra sua zia Wanda (Agata Kulesza), un magistrato, nella Polonia degli anni ’60, ancora dolorosamente afflitta dal suo complicato dopoguerra.

Nemmeno si conoscono ma partono assieme alla ricerca del loro passato, con il quale forse nessuna delle due ha mai fatto veramente i conti: la più giovane probabilmente accantonerà in fretta qualunque ipotetica scoperta, perché attesa dall’eterno matrimonio con Dio.
Il regista Pawlikowski segue queste due donne muoversi tra fantasmi ed incertezze, mentre scavano nella storia e nella terra ancora bagnata dal sangue degli Ebrei e dei “nemici del popolo” Polacco. 

Riaffiorano sofferenze e rimorsi e la “luce di dio” è troppo fioca per rischiarare tutta l’oscura malvagità dell’uomo. Eppure sbocciano comunque le nuove foglie della vita e la musica di Coltrane aleggia nell’aria.

Nell’estetica magnifica di un bianco e nero in “35 mm” il film si fa “sfogliare” come fosse un sontuoso album di fotografie, forte di inquadrature di una grandezza compositiva inappuntabile: il taglio di ogni immagine è studiato con perfezione certosina e la bellezza è seducente. Il solo insieme di queste “cartoline” risulta a tal punto memorabile che varrebbe da solo la visione della pellicola.

Ida” è un film intenso e struggente e fin da subito sembra potersi proporre per occupare un posto nell’olimpo del grande cinema.

Nel finale evoluzioni inaspettate: forse assistiamo ad una sorta di espiazione oppure è l’istinto ribelle della vita che si fa strada, grazie a nuove consapevolezze. L’incrocio di due vite spesso fa germogliare i suoi frutti e questo, al di là di ogni riflessione sul Divino o sull’umana disperazione, sembra essere più di altri il vero miracolo da considerare. 



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