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mercoledì 12 marzo 2014

FELICE CHI E' DIVERSO di Gianni Amelio


Testimonianze toccanti: 
contro le ostilità preconcette e 
la volgarità di una cultura scadente.

Voto ***         7½

Invertiti, anti-natura, “capovolti”, “terzo sesso”: queste solo alcune delle parole coniate da un mondo eterossessuale, spietato e sessista, per additare con spregio gli omossessuali, affiancate non di rado da altri vocaboli, pescati appositamente per loro dallo “stanzino maleodorante” del vizio e dello squallore.

Difficile però non condividere il dettame “Il bambino è perfetto, sbagliata è la società” di Jean Jaques Rousseau, filosofo del ‘700 e ancora oggi riferimento per educatori e pedagogisti. Come considerare allora i feroci divieti creati dagli uomini e dalla paura, il biasimo con il quale si è voluta additare – di fatto creandola – una categoria di esseri umani, arrivando ripetutamente a colpirla con scherno, violenza e cattiveria?

Gianni Amelio (di recente ha fatto “outing” durante una colloquio con la giornalista Natalia Aspesi) con il suo “Felice chi è diverso” si schiera contro decenni di cultura scadente - questa certamente volgare - mirando a muover guerra al pregiudizio costituito, che ancora oggi vede molte persone propense a considerare l’omosessualità come una malattia da curare in appositi centri di recupero, magari con una medicina o una puntura salvifica.

L’arma usata dal regista è la testimonianza, la verità fatta affiorare per mezzo dei ricordi di coloro che sulla propria pelle hanno patito il peso di una società ostile, che hanno visto minata la loro sensibilità e la loro tranquillità affettiva ed hanno dovuto proteggere - come meglio hanno potuto - pensieri, sogni e desideri, provando ad evitare che divenissero incubi. Ottimo anche il collaterale lavoro di ricerca e documentazione sui materiali d’epoca di Francesco Costabile.

Molti i volti sconosciuti, altri quelli più noti: Ninetto Davoli, Paolo Poli e il critico ed attore John Francis Lane. Dalle loro labbra memorie di giorni gioiosi o difficili, l’eco di vecchie “birichinate” clandestine consumate all’ombra di un portone; rievocazioni di luoghi del passato, ambigui ma necessari per dare corpo ad un desiderio altrimenti inaccessibile.

Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune”: riassumono molto del senso generale queste poche parole - da una poesia di Sandro Penna - brevi ed incisive, dalle quali possiamo scorgere in controluce l'esuberanza e la ricchezza dei mille colori del mondo e, in contrapposizione, un monito rivolto a tutti i benpensanti che, mentre additano le altrui "anomalie", non si avvedono di quanto nuocciano persino a loro stessi.  

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