Un
fulmine a ciel sereno turba
una già precaria tranquillità
familiare.
Voto
*** 7
Margherita
(Ludovica Falda) ha nove anni, ascolta il tango e va pazza per il
tamarindo. Ride,
ma non sai mai se è felice, piange, ma non sapresti dire se è
triste. Ha molto da dire ma nessuno vuole o riesce ad ascoltarla
davvero, così i suoi sentimenti ed i suoi desideri rimangono
custoditi dentro uno scrigno inaccessibile, nel quale ogni tanto si
apre una breccia per potervi sbirciare dentro.
Per la sua famiglia è “Pulce” e nemmeno una patologia
problematica come l’autismo riesce ad inquinare la felicità del
tempo passato assieme a lei. Ma un giorno la piccola Margherita viene
sottratta ai suoi cari, in seguito ad una accusa grave ed infamante.
“Pulce
non c'è”: dal libro omonimo ed autobiografico di Gaia Rayneri - qui collaboratrice alla sceneggiatura di Monica Zapelli - che nella vita ha vissuto davvero il dramma dell'allontanamento familiare della sorella più piccola per un periodo di nove mesi, trovandosi suo malgrado a dover affrontare drammatiche incertezze.
Il
regista Giuseppe Bonito – premiato al suo esordio con il secondo
posto di categoria ai Nastri d’Argento 2013 e vincitore dell’ultima
rassegna “Bimbi Belli”, organizzata da Nanni Moretti - racconta
la vicenda di Margherita attraverso lo sguardo della scrittrice, che nel film diventa quello della sorella adolescente Giovanna (Francesca
Di Benedetto, molto brava).
Oltre
che di buoni sentimenti e commozione la
sua pellicola si nutre anche di sensazioni angosciose e di una
tensione narrativa derivante dai molti dubbi privi di una risposta.
Tutte le laceranti preoccupazioni ed i torbidi stati d’animo si
raccolgono sul viso accigliato e nerissimo di Pippo Del Bono (nel
ruolo di Gualtiero, il padre di “Pulce”).
La
pellicola di Bonito pone l’accento – senza calcare la mano –
sull’inadeguatezza
delle istituzioni,
sulla solerzia
cieca
ed il poco
tatto
degli
addetti ai lavori
(insegnanti, medici, assistenti sociali), suggerendo come sia facile
scivolare nell’abuso partendo dal presupposto di evitarlo.
“Pulce
non c’è” si compone di piccoli dettagli che colgono nel segno divenendo emozioni e smussa le sue imperfezioni con la forza della sincerità. Si avverte l'interesse per la storia raccontata, puntellata ad ogni passo da una delicatezza che viene dalla "vicinanza".
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