L’apatica lascivia della “dolcevita”
borghese aggiornata al
giorno d’oggi:
la bellezza è solo un
rimpianto.
rimpianto.
Voto
*** 7½
Jep
Gambardella (Toni Servillo) è un uomo stanco di affogare nella
mondanità, deluso dai suoi stessi errori e dalla sue rinunce.
Rimpiange le belle occasioni perdute: cercava “La grande
bellezza”, ma non l’ha trovata ed ora, forse, è troppo
tardi. Compie sessantacinque anni e fa una scoperta
sconvolgente: non può più perder tempo a fare quel che non gli va
di fare!
Al
fianco di questo protagonista sfilano molti altri “prototipi
moderno-borghesi”, controfigure di loro stessi che affondano
con lenta consapevolezza nella mediocrità cafona, nel pallore di una
“vita che non è stata”, a passo stanco, circondati da un cattivo
gusto debordante ed a ben guardarlo persino imbarazzante.
Sorrentino
aggiorna ad oggi “La dolce vita” di Felliniana memoria con una
sequenza di cartoline amare e cupe, composte anche con visioni
surreali. Confeziona il suo film con chirurgica precisione tecnica -
talvolta forse eccessiva - trovando il passo giusto per portare
in luce le baracconate travestite da eleganza e descrivere l’insieme
di una società decadente, irrimediabilmente distante dai sogni,
dall'innocenza e da qualsiasi consistenza.
Una
Roma borghese, pelandrona e senza nerbo è il set ideale, che allude
ad una più ampia visione del declino Italiano (o universale).
Vitelloni stanchi - scrittori da romanzetto o millantatori di false sofferenze e vocazioni civili che furono - masticano amaro rimpianti ed insoddisfazioni, ostentano sorrisi e false serenità. Si nutrono ancora delle loro vanterie seriose, di artifici pedanti e vuoti, vacuità necessarie per evitare il confronto con la loro meschinità: hanno perso l'attitudine alle belle cose !
Vitelloni stanchi - scrittori da romanzetto o millantatori di false sofferenze e vocazioni civili che furono - masticano amaro rimpianti ed insoddisfazioni, ostentano sorrisi e false serenità. Si nutrono ancora delle loro vanterie seriose, di artifici pedanti e vuoti, vacuità necessarie per evitare il confronto con la loro meschinità: hanno perso l'attitudine alle belle cose !
Sceneggiato
con Umberto Contarello “La grande bellezza” è
abbastanza impietoso per farci male e lasciare un segno indelebile -
estetico e di sostanza - a futura memoria.
Il mondo
degli esseri umani è seducente e feroce: della sua vera bellezza
Sorrentino poco ci mostra, sbilanciato ad osservare il “versante
nero” con grande crudeltà cinematografica. Una festa amara
per gli occhi, uno stillicidio devastante per la speranza e per
l'anima.
Nessun commento:
Posta un commento