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venerdì 21 marzo 2014

JIMMY P di Arnaud Desplechin


La storia vera dell’incontro di James Picard con l’antropologo George Devereaux.

Voto ***      7


James Picard (Benicio Del Toro) è un nativo americano della tribù dei “BlackFoot”. Soffre di gravi disturbi (cecità temporanea, perdita dell’udito, fortissime emicranie), forse dovuti ad una ferita al cranio che si è procurato durante la seconda guerra mondiale. 

Così da Browning nel Montana - dove vive in un ranch assieme alla sorella – si reca al “Winter” di Topeka, un ospedale del Kansas per “cervelli fuori uso”.

Dopo accurati controlli risulterà essere un “invalido in perfetta salute” ma, per fugare gli ultimi dubbi al riguardo di una sua ipotetica schizofrenia, verrà chiamato l’antropologo e pioniere dell’ “etno-psichiatria” Georges Devereux (Mathieu Amalric), uno studioso della cultura dei “Mohave”, con i quali ha convissuto per ben due anni nel deserto.

Il film di Desplechin ruota praticamente tutto attorno all’ incontro di questi “due diversi”: un mite e taciturno indiano ed un eclettico e provvidenziale medico. Il primo vive in un mondo di bianchi dopo aver conosciuto la “riserva” ed ora, ad ondate liberatorie di un’ora al giorno, consegna tutti i suoi incubi ed i suoi ricordi nelle mani di un professore avanguardista della psicanalisi, che è guardato da alcuni suoi colleghi con un certo scetticismo.

Quest’ultimo - calatosi anche nel ruolo di “sciamano” e “castoro protettore” (…!...) - prende febbrilmente appunti, cercando di fare del suo meglio per scoprire le cicatrici invisibili del suo paziente e correggere gli errori del passato.

Basato su una storia vera e sul libro dello stesso Devereux “Psichotherapy of a plains indian” (Psicoterapia di un indiano delle pianure) il film di Desplechin è tutto a “trazione verbale” e si affida alla più che valida interpretazione di Del Toro ed Amalric.

Chi non ama molto i film dove gli attori frequentemente cedono il passo alle parole si astenga dalla visione. Tutti gli altri si godano pure il lavoro di questo regista Francese capace di recuperare storie marginali ed interessantissime.

Jimmy P.” potrebbe risultare ostico e persino monotono se non se ne arrivassero a cogliere le molte “rivelazioni” di diversa natura, che scaturiscono dalla fitta chiacchierata tra i due protagonisti. Le risposte sembrano non arrivare mai ed invece sono innumerevoli, sparse ovunque e non solo nell’evidenza dell’epilogo.  




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