Messaggi
inafferrabili, sfuggenti indicazioni e fascino misterioso nel nuovo
seducente film dei Coen.
Voto
**** 9
Ambientato
a New York, nel Greenwich Village degli anni '60 – che avrebbe
visto l'inizio della carriera di talenti del calibro di Bob Dylan -
la pellicola prende spunto dalla figura del cantante Dave Van Ronk
(1936-2002), che ispira anche il titolo originale “Inside Llewyn
Davis”, ricalcante quello di un album del 1964 “Inside Dave Van
Ronk”. Fonte di ispirazione del film anche la sua autobiografia dal
titolo “Manhattan Folk Story”(Edizioni BUR)
Ma
il film dei due fratelli Statunitensi non è una biografia, vive di
vita propria e sembra
essere una sorta di prosecuzione del precedente “A Serious Man”
(ricorderete
forse le bislacche peripezie del professore di fisica Larry Gopnik),
stavolta in chiave folk e senza echi religiosi.
Le atmosfere sono dense ed ai
limiti con l'assurdo: incontriamo strani “protagonisti”
(gatti,
uomini, cani) e percorriamo
molta strada, tra asfalto e metafora, buio e fiocchi di neve.
La
fotografia di Bruno Delbonnel regala magnifici colori lattiginosi
che
sembrano far respirare ogni istante di vita faticosa ed affannata.
Bravissimo il protagonista Llewyn/Oscar Isaac (che
canta anche le canzoni di Van Ronk come la splendida “Hang me, oh
hang me) ma
quel che più di tutto seduce, è il carismatico ed inconfondibile
tocco dei Coen.
Anche
stavolta
aleggiano instancabilmente messaggi che paiono essere inafferrabili
e la storia è pervasa da un fascino misterioso. Ogni mestizia e
sfortuna lasciano decantare una successiva indicazione,
ogni cosa, dopo un lungo girovagare, sembrerà trovare quiete e
collocarsi al suo giusto posto.
Parrà
nulla di significante o roba già vista, raccontata e sentita in
altre forme centinaia di volte: esattamente come
una canzone folk che “che non è mai stata nuova ma nemmeno
invecchia” oppure
- come più di una volta capita –
l'ennesimo splendido lungometraggio di Ethan e Joel Coen.
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