“Ospiti
indesiderati d’Europa”: le vite sospese di esseri umani
“irregolari per legge”.
Voto
*** 6½
“C.I.E.”
(Centri di Identificazione ed Espulsione):
sembrano carceri ed anche se non lo sono hanno le stesse invalicabili
sbarre di ferro; la privazione della libertà ha il medesimo sapore
acre, produce la stessa rassegnazione, rabbia o disperazione.
In
Italia circa ottomila persone (stranieri) vi sono “trattenute”,
in regime di “detenzione amministrativa”, senza aver commesso
nessun reato penale o esser mai state giudicate in alcun processo.
All'interno, il nome degli ospiti
– che non possono reclamare il diritto nemmeno di possedere un
accendino o un telefono cellulare - è sostituito da un insieme
anonimo di cifre.
Privi
di documenti e permessi di soggiorno gli esseri umani divengono
“irregolari per legge”
e possono essere obbligati a “soggiornare”
presso queste strutture fino a diciotto mesi. Strumentali ad
interessi politici ed economici, ben lontani dall'esser risolutivi,
i ”C.I.E.” incidono sul bilancio nazionale per cinquanta milioni
di euro l'anno!
Dopo
i “necessari” accertamenti, allo scadere del periodo di
“reclusione”
- disposto da un questore e convalidato da un giudice di pace - il
rilascio. Chi non ha sanato le proprie “pendenze”
riceverà un “foglio di
via” e sarà costretto ad abbandonare il territorio Italiano ma,
senza le “giuste
credenziali”, nemmeno il
resto d’Europa sarà mai “libero e calpestabile”: perché i
trattati di Schengen hanno aperto le frontiere solo per proteggere e
favorire il “benessere di pochi”,
infischiandosene dei bisogni e delle speranze di moltissimi altri.
“EU
013 – L’ultima frontiera” - film-documento di Alessio Genovese
e Raffaella Cosentino - ci mostra per la prima volta immagini
dall’interno di alcune delle tredici strutture presenti sul
territorio Italiano: Ponte Galeria (Roma), Bari e Milo (Trapani).
“Video-Frammenti”
di vite sospese per un tempo “non precisamente quantificabile”,
“ergastoli bianchi” in attesa di un intervallo.
L’indeterminazione alla quale
è sottoposto il futuro, l’umiliazione
e la “declassificazione
della gente”, ricordano per
alcuni aspetti le condizioni patite nelle strutture manicomiali
“pre-Basagliane”.
Mentre
la maggior parte della popolazione Europea coltiva la sua
indifferenza – accostandole persino fastidio ed irritazione -
questo lavoro cerca di stimolare
l’attenzione, di colmare la nostra deplorevole distanza dalle
condizioni altrui.
I
titoli di coda restituiscono un nome ad ogni “detenuto”,
facendoci sottilmente notare quanto possa esser grave mancare di
rispetto a qualunque essere umano e ricordandoci quale aberrazione
possa celarsi nel ridurre le persone ad una sequenza di numeri.
Bellissime e strazianti le immagini delle sbarre metalliche sullo sfondo azzurro del cielo
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