Martin
Scorsese diverte con eccessi di ogni sorta. Scegliete voi se si
tratta di paradiso o inferno!
Voto
***
7
Droga,
soldi e sesso: il mondo della finanza ed i suoi eccessi in una
visione straripante e tendente al grottesco, ma simile al vero più
di quanto non pensiate: direttamente dal libro omonimo di Jordan
Belfort, uno spregiudicato uomo d'affari la cui ascesa e rovina fu
tra gli anni '80 e '90.
Scorsese
e Di Caprio provano a mettere a nudo - con frenetica ironia -
ambienti dove albergano perdizione, dissennatezza ed un bassissimo
tasso di scrupoli. Nessuna parvenza di onestà e di morale sembrano
avere residenza.
Il
quadro degli elementi è debordante: una bulimia di continue follie
di fronte alla quale esultare ingolositi oppure arrivare a provare
un ripugnante ribrezzo.
Per
lunghi tratti assistiamo ad uno scatenato festival degli eccessi,
dove la degenerazione diviene abitudine e la ricchezza ipertrofica
il minimo da pretendere.
La
regia navigata di Scorsese descrive una sorta di incontenibile
“babele” dando ampio sfogo ad un plateale gusto del divertimento.
Molte le situazioni esilaranti: su tutte quella con Di Caprio che
striscia verso la sua Lamborghini bianca sopraffatto da un “Quaalud
d’annata” (Un “Lemmon 714”); poi, una volta a casa, per
soccorrere il suo collega d’affari (Donnie Azoff/Jonah Hill) –
che “strafatto” rischia di strozzarsi - si verserà copiosamente
cocaina direttamente nella narice, convinto forse di ottenere il
medesimo effetto energizzante di Braccio di Ferro che, dallo schermo
della televisione, sembra osservarlo attonito, ingurgitando spinaci.
Il
regista NewYorkese evita per scelta “la trappola” di render conto
del più ampio quadro generale degli eventi: decontestualizza,
tralascia di entrare nel dettaglio. Ha in mente di fare
principalmente “divertimento
d’autore” ma anche di andare
“visivamente dritto al sodo”.
Quel
che “dipinge” è niente altro che l’inferno eppure sembra
proprio il paradiso! Se dovesse
piacervi, lanciatevi pure alla sua conquista: basta “prendere e
truffare”!
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